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Nov 11 2015

Affittare casa a una prostituta? Non sempre è reato

La sola sottoscrizione di un contratto di locazione con una prostituta non integra di per sé i reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. La Cassazione ci spiega perché. di Giuseppe Donato Nuzzo Affittare casa non è mai semplice. Lo sa bene il protagonista della nostra storia, condannato in primo e secondo grado per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione per aver concesso in locazione i suoi appartamenti ad alcune donne, esercenti il mestiere più antico del mondo. Per la verità l’uomo era ben a conoscenza dell’attività professionale delle future inquiline; ciò nonostante, aveva stipulato senza problemi il contratto di locazione. Per sua fortuna, però, la Corte di Cassazione (sentenza n. 39181/2015 del 28 settembre scorso) ha annullato la condanna a suo carico, ritenendo che il solo fatto di concedere in locazione i propri locali a delle prostitute non sia sufficiente ad integrare una condotta di reato; a maggior ragione se, come nel nostro caso, il canone d’affitto concordato dalle parti era in linea con i prezzi di mercato, perché non si può nemmeno ipotizzare che il proprietario abbia tratto vantaggi economici dall’attività di meretricio. Tutti o quasi conosciamo la Legge Merlin n. 75/1958 (famosa per aver eliminato le case chiuse), ma forse non tutti sanno che la legge non punisce la prostituzione in sé (penalmente irrilevante, ma socialmente riprovevole), bensì ogni attività che induca, favorisca o sfrutti in qualsiasi modo la prostituzione altrui. Ciò significa tra l’altro che non è punibile la condotta del soggetto, se questa non si concretizza in un aiuto diretto ed effettivo per l’esercizio del meretricio, nel senso che questo può essere esercitato ugualmente anche senza il suo intervento. È questo il punto chiave per capire perché il solo fatto di concedere un immobile in affitto ad una prostituta, di per sé, non è favoreggiamento della prostituzione. È vero – osserva la Corte – che il legislatore incrimina chiunque favorisca “in qualsiasi modo” la prostituzione altrui, ma è pur sempre necessario che la condotta materiale si concretizzi oggettivamente in un aiuto all’esercizio del meretricio in quanto tale. Se invece l’aiuto è prestato solo alla prostituta in quanto persona, non può configurarsi alcun favoreggiamento penalmente rilevante. In altri termini, se la locazione non è concessa allo scopo specifico di esercitare nell’immobile locato una casa di prostituzione (nel qual caso ricorrerebbe il reato di cui all’art. 3, n. 2, della legge n. 75/1958), la condotta del proprietario non configura un aiuto alla prostituzione, ma semplicemente la stipulazione di un contratto attraverso cui è consentito a quest’ultima di realizzare il suo diritto all’abitazione. Insomma, in questo caso il contratto stipulato riguarda la persona e le sue esigenze abitative, e non la sua attività di prostituzione. Manca dunque un collegamento causale diretto tra contratto di locazione e agevolazione della prostituzione. Per quanto riguarda poi l’altra accusa, quella di sfruttamento della prostituzione, la Corte precisa che per la configurabilità di tale delitto è indispensabile che lo sfruttatore tragga qualche utilità, anche se non necessariamente economica, dall’attività sessuale della prostituta, e tale condizione deve essere rigorosamente provata in giudizio. Nel caso della locazione ad una prostituta, dunque, per parlare di sfruttamento occorre la prova che il locatore, attraverso la riscossione di un canone sicuramente esagerato e sproporzionato rispetto a quelli di mercato, tragga un ingiusto vantaggio economico dalla prostituzione altrui. E tale sproporzione ed esagerazione non risultano essere state dimostrate in alcun modo nel caso in esame, per cui la sentenza di condanna va annullata e la parola torna ai giudici d’appello, che dovranno rivalutare correttamente i fatti. link del articolo: http://www.corrierepl.it/2015/10/09/affittare-casa-a-una-prostituta-non-sempre-e-reato/